Chi si avvicina alla corsa per la prima volta lo fa spinto da motivazioni che possono essere molto diverse, ma la dinamica seguita è sempre la stessa. Le prime uscite di fanno indossando vecchie scarpe da ginnastica, spesso neppure specifiche per la corsa, e i primi chilometri sembrano essere i più faticosi di tutta la vita.
Con il passare dei chilometri la fatica diminuisce, la voglia di migliorare aumenta e inizia la passione, quella vera. Si acquista il primo abbigliamento tecnico insieme ad un paio di scarpe (a proposito, qui il nostro configuratore per trovare la scarpa giusta per ogni runner), il primo, specifiche per la corsa. Da runner solitario, ci si evolve. Si inizia a correre insieme a qualche compagno, in gruppo, e si partecipa alle prime gare. Il tempo dedicato alla corsa aumenta, di settimana in settimana.
Ma, nonostante continuità e regolarità, non si sente la necessità di un aiuto ulteriore. Ci si accontenta di qualche tabella online, senza neppure ben capire come sia stata strutturata, contenti dei continui miglioramenti frutto di una primitiva programmazione (anche se un po’ casuale). L’idea di un allenatore è ancora lontana e superflua.
Ma avere un allenatore non è importante… è fondamentale, tanto per un principiante, quanto per un runner esperto. Chi è alle prime armi necessita di un allenatore per evitare tutti i possibili errori frutto dell’inesperienza: dal non bruciare le tappe per la voglia di vedere subito risultati importanti, al pretendere di migliorare senza una precisa organizzazione a lungo termine. Chi già corre da un po’ di tempo, ha bisogno di un aiuto esterno, che sappia capire le carenze e indicare su cosa lavorare per continuare in una crescita continua a costante.
L’allenatore per il runner principiante
Un allenatore non deve però essere improvvisato. L’amico più esperto che pretende di insegnare a correre non è un allenatore. Per essere allenatore è necessaria competenza ed esperienza. In quindici anni di corse, ho visto e sentito le teorie (e purtroppo anche pratiche) più disparate, da metodi di respirazione innovativi a impostazioni posturali innaturali, fino ad arrivare a super allenamenti che promettevano miracoli…
Per un runner principiante, l’allenatore è una figura importante, il riferimento per tutto quello che riguarda la corsa: l’esperto a cui rivolgersi per migliorare la tecnica, il maestro che insegna la programmazione, il mentore per la corretta scelta di scarpe e abbigliamento. Ma anche il consigliere per gestire fastidi e infortuni, in grado di indirizzare verso altri professionisti quando necessario.
Quanti sono i runner alle prime armi che ogni giorno corro indossando l’ultimo modello di super scarpa con piastra in fibra di carbonio? E quanti quelli che imperterriti si allenamento per chilometri e chilometri zoppicando per “non mollare mai”? Un allenatore non lo permetterebbe mai…
Un allenatore ha soprattutto la competenza per programmare un piano di allenamenti basato sulle vere capacità dei runner che segue, tarando in maniera specifica sedute, ritmi e obiettivi. Sicuramente stimolante e sfidante provare le programmazioni di Kipchoge o di Ingebrigtsen, ma solo se reinterpretate, gestite e trasformate in base alle proprie abilità.
L’allenatore per il runner evoluto
Anche per un atleta esperto l’allenatore è fondamentale. Il motivo più importante è sicuramente quello di poter avere un punto di vista “esterno” sulla propria condizione e capacità, parere difficile da ottenere autovalutandosi.
Ma un allenatore è fondamentale anche per la programmazione degli allenamenti, sia per identificare le sessioni più idonee al miglioramento, sia per la loro gestione. In una giornata “no”, l’allenatore è in grado di capire le difficoltà e cambiare la programmazione per evitare infortuni o permettere di recuperare al meglio. O, al contrario, far spingere sull’acceleratore quando la condizione è più alta del previsto.
Durante tutta la mia esperienza nel mondo della corsa, la figura dell’allenatore è stata fondamentale per la mia personale crescita: il primo mi ha aiutato a muovere i primi passi nel mondo dell’atletica; grazie al secondo, sono stato in grado di conquistare traguardi che pensavo irraggiungibili. Non un lavoro semplicemente atletico, ma anche mentale e soprattutto motivazionale.