Ha avuto un grande riscontro mediatico, negli scorsi giorni, la vittoria di uno sconosciuto 21enne alla maratona di Osaka, Kiyoto Hirabayashi. Studente universitario al terzo anno della Kokugakuin University, al debutto in maratona, ha sorpreso un po’ tutti con la sua incredibile performance in una giornata non del tutto semplice per correre, caratterizzata da freddo, pioggia e vento prima della partenza e nel finale di gara, chiudendo la sua prima maratona in 2 ore 6 minuti e 18 secondi, settimo di sempre (e secondo al debutto) nella storia della maratona giapponese.
Il fatto più incredibile è che Kiyoto Hirabayashi non era inserito nella lista degli atleti d’élite della maratona di Osaka, ma che si fosse iscritto in maniera indipendente per cercare di qualificarsi ai campionati universitari di maratona.
Hirabayashi, che ha compito 21 anni lo scorso dicembre, ha sorpreso tutti per la sua performance anche in riferimento ai risultati ottenuto prima di cimentarsi in maratona: un pb ufficiale in mezza maratona di 1h01’50” e un 1h06’26” nei 23km dell’Hakone Ekiden (la famosa staffetta giapponese) equivalente a un crono di 1h00’40” sui 21K, con una proiezione finale superiore alle 2 ore e sette minuti in maratona.
La sua conduzione di gara è stata comunque esemplare. È rimasto sempre nel gruppo di testa correndo per tutta la prima parte di gara ad un ritmo di 2’58” al chilometro fino al 32 chilometro, quando in corrispondenza dell’unica salita del percorso ha approfittato del cedimento dei compagni ed ha allungato il passo. Solo l’ugandese, e favorito, Stephen Kissa ha resistito al suo attacco, cedendo a circa un chilometro dal traguardo quando Kiyoto Hirabayashi è diventato imprendibile anche per lui.
Cosa sono i cerotti a impulsi elettromagnetici
Ma Hirabayashi ha continuato a far parlare di sé anche dopo aver tagliato il traguardo, una volta che le immagini che lo ritraggono attraversare la linea di arrivo a braccia alzate hanno iniziato a fare il giro del mondo. In molti, infatti, non hanno potuto fare a meno di notare la presenza sul suo collo (e anche sulle gambe) di un grande numero di strani cerotti. Anche noi ne siamo rimasti incuriositi e abbiamo voluto indagare brevemente per capire cosa potessero essere e a cosa potessero servire. Si tratta in realtà di dispositivi “medici” molto diffusi in Giappone e in tutto l’oriente, che si basano sulla magnetoterapia.
La teoria dell’uso dei magneti a scopo medicinale risale al periodo rinascimentale. I credenti pensavano che i magneti possedessero un’energia viva e indossavano un bracciale o un pezzo di materiale metallico nella speranza di combattere malattie e infezioni o di alleviare il dolore cronico (qualche anno fa, se ricordate bene, erano “tornati di moda”). Ma con i progressi della medicina nel corso del 1800, non ci volle molto prima che i magneti venissero visti come dispositivi terapeutici inutili e persino pericolosi. La magnetoterapia ha poi avuto una rinascita negli anni ’70 con Albert Roy Davis, medico che ha studiato i diversi effetti che le cariche positive e negative hanno sulla biologia umana.
La scienza e lo sviluppo tecnologico hanno successivamente portato allo sviluppo di accessori e dispositivi pensati appositamente per la pratica sportiva, utilizzati in diverse discipline. Cerotti simili a quelli utilizzati da Kiyoto Hirabayashi sono stati sfruttati ad esempio nel ciclismo, per migliorare il trasporto di ossigeno e migliorare le prestazioni senza nessuna manipolazione fisica del sangue.
In pratica, questa tipologia di cerotti emettono piccolissimi impulsi elettromagnetici, producendo dei campi magnetici che migliorano l’ossigenazione del sangue. L’effetto finale, a parità di sforzo, è una riduzione del battito cardiaco, un minor accumulo di acido lattico nei muscoli, un minor affaticamento fisico e un aumento della resistenza aerobica. Una sorta di agopuntura (pratica molto diffusa soprattutto nella cultura orientale) che si basa sul principio della stimolazione dei punti di pressione e dei meridiani, i canali energetici del corpo umano.
Piccoli vantaggi competitivi, che sommati a quelli delle super scarpe, possono fare la differenza. Per la cronaca, Kiyoto Hirabayashi nella sua prima maratona ha indossato un paio di Adidas Takumi Sen 9.