La progettazione di una scarpa da corsa, i materiali che vengono sviluppati, le soluzioni tecnologiche adottate, la linea estetica sono aspetti che gli appassionati di running amano approfondire. Noi stessi, come professionisti del mondo della corsa ma anche come amatori che ogni giorno indossano differenti scarpe per le proprie uscite di allenamento, nelle recensioni di The Running Club siamo soliti scomporre ogni ogni calzatura negli elementi che la compongono, analizzandone i diversi aspetti ed evidenziando tutte quelle caratteristiche, positive e negative, che distinguono un modello dall’altro e lo rendono unico e particolare.
Al The Running Event di Austin abbiamo avuto il piacere e la possibilità di intervistare uno degli artefici di questo “miracolo tecnologico”, Gianluca De Bona, designer di Diadora. Nella nostra chiacchierata ci ha raccontato i diversi aspetti che comporta un lavoro come il suo e come funzionalità, estetica e ricerca di integrano e intrecciano per arrivare al risultato finale ricercato.
Qual è il ruolo di un designer in un’azienda calzaturiera come Diadora?
Il ruolo del designer è quello di studiare tutte le caratteristiche tecniche ed estetiche, partendo dai materiali e dalle tecnologie che costituiscono battistrada e intersuola, fino ad estendersi a quelle più lineari di tomaia e degli elementi che la compongono.
Quindi non solo una scelta puramente estetica di colori e linee, ma lo studio di soluzioni che possano rendere una scarpa più veloce, ammortizzata, confortevole, anche economica, in base alle esigenze e al risultato ricercato.
Si, si parte sempre da quelle che sono le caratteristiche tecniche della scarpa. L’estetica è solo la parte finale, quella un pochino più semplice, la ciliegina sulla torta di un lavoro molto più minuzioso e accurato alla ricerca della perfezione.
Diadora, come altri brand, progetta scarpe per diverse discipline: scarpe per corsa su strada come la maratona, scarpe chiodate per la velocità in pista, anche scarpe per il salto in lungo (dove la corsa è un aspetto fondamentale ma non il solo da considerare. Che differenze ci sono nella progettazione di modelli così tanto differenti?
Il metodo di progettazione è lo stesso: si parte sempre dalle specifiche e necessità che deve avere la scarpa e si va a ricercare quella che è la migliore soluzione tecnica o il migliore compromesso per arrivare al risultato finale desiderato. Ad esempio, per il modello del salto in lungo utilizzato da Larissa Iapichino, abbiamo dovuto studiare sia la parte relativa alla reattività nella corsa, sia quella più legata alla stabilità e all’ancoraggio del piede nel moneto dello stacco da terra. Nelle scarpe chiodate per i velocisti, lo studio è incentrato esclusivamente, invece, nella fase di propulsione e spinta. Il modello per la maratona è un mix di tutte queste soluzioni, perché oltre alla parte più tecnica dedicata alla reattività, è importante progettare nel dettaglio anche tutto ciò che comprende confort e ammortizzazione.
Quali sono questi aspetti?
Gli aspetti tecnici sono quelli più importanti. In una scarpa racing per mezza e maratona, ad esempio, cerchiamo innanzitutto di capire quali possono essere gli elementi e le tecnologie in grado di dare leggerezza e reattività alla scarpa, sia intervenendo nella costruzione della tomaia, utilizzando soluzioni più minimaliste, sia nella progettazione dell’intersuola, enfatizzando elementi come il rocker o il drop, più spinti rispetto ad altri modelli che adottano soluzioni più semplici e comuni proprio per essere adatte ad un maggior numero di runner.