Che il recupero sia una fase fondamentale per migliorare la performance atletica è concetto ormai assorbito da ogni runner: tutti sanno quanto recuperare dopo gli allenamenti di qualità, i tanti chilometri dei lunghi o dopo una gara sia importante tanto quanto allenarsi. Ma non tutti sanno come farlo nella maniera corretta.
Il recupero è quella “fase di allenamento” che permette ai muscoli di assorbire il lavoro svolto, di farli riposare e diventare più forti. Il recupero è fondamentale per reintegrare le energie spese, per riacquistare elasticità muscolare e per contrastare i DOMS (Delayed Onset Muscle Soreness), il “dolore muscolare a insorgenza ritardata” che normalmente si manifesta i giorni seguenti una seduta impegnativa. È importante però imparare a non confondere il recupero con il (solo) riposo.
Recupero attivo e recupero passivo: caratteristiche e benefici
“Possiamo distingue il recupero, in due diverse categorie: recupero attivo e recupero passivo – spiega Pietro Bellavite, osteopata e coach di Compex –. Il recupero passivo prevede un riposo totale dell’atleta o comunque che quest’ultimo non esegua dei lavori dinamici”.
Fra le diverse tipologie di recupero passivo è possibile considerare, oltre al solo riposo, anche la idroterapia, il massaggio, la pressoterapia, la terapia a vibrazione e l’elettrostimolazione.
“Il recupero attivo, invece – continua Pietro Bellavite – consiste nel continuare a “muoversi” in modo leggero dopo la attività fisica. Questo può includere una camminata a passo veloce, una corsa leggera o esercizi di stretching dinamico”.
Il recupero attivo aiuta a mantenere la circolazione sanguigna e a prevenire l’accumulo di acido lattico nei muscoli, favorendo una più rapida ripresa.
Secondo uno studio scientifico degli ultimi anni, questa tecnica è quella che prevede un recupero più rapido ed efficiente rispetto al solo riposo.
Come e quando eseguire il recupero attivo
Il recupero attivo prevede uno sforzo a bassa intensità da svolgere subito dopo l’allenamento principale. Attività che andrebbe sempre inclusa quando la tipologia di sforzo prodotta è stato di media o alta entità.
“Il recupero attivo può includere qualsiasi tipo di esercizio – spiega Pietro Bellavite – a patto che non avvenga un ulteriore impegno muscolare e cardiaco: nella corsa può essere una semplice camminata o qualche minuto di jogging, nel nuoto può comprendere qualche vasca a rana lenta o a dorso, nel ciclismo una pedalata rilassata”.
Molto spesso, però, soprattutto tra gli atleti amatori, complici impegni famigliari e lavorativi imminenti, non c’è mai il tempo necessario per un recupero attivo bene eseguito. A fine allenamento si dedica solo qualche minuto di defaticamento e poi subito in doccia.
“In questo caso l’elettrostimolazione è un’alternativa molto valida per ottenere dei risultati di recupero comparabili a un lavoro di recupero attivo“, dice Pietro Bellavite.
Elettrostimolazione e recupero
Per eseguire in maniera ottimale il recupero con l’elettrostimolazione è necessario seguire delle regole e degli step ben precisi, gli stessi che andrebbero seguiti anche con sedute di recupero più tradizionali.
“Per prima cosa è importante utilizzare il programma ‘Recupero post allenamento’, se è stato eseguito un allenamento standard, o il ‘Recupero post gara”, dopo una competizione o in seguito ad uno sforzo massimale, come ad esempio una seduta di ripetute molto intense o un lungo pre-maratona”. Entrambi questi protocolli devono essere eseguiti entro le tre ore dalla fine della attività.
“I programmi ‘Massaggio rilassante’ o ‘Massaggio rigenerante’ sono invece da sfruttare dopo che siano trascorse almeno tre ore dall’allenamento o dalla gara – conclude Pietro Bellavite -. In più, la sera consigliamo sempre anche un programma di capillarizzazione, di riduzione degli affaticamenti muscolari o di eseguire un ciclo di pressoterapia”.