In collaborazione con Compex
Lo abbiamo già detto: per correre non basta solo (saper) correre. Soprattutto con l’avanzare dell’età (ma è sempre bene iniziare in anticipo per contrastare il naturale invecchiamento del fisico) è importante lavorare su tutte quelle caratteristiche fisiche che con il tempo tendono a regredire.
Uno dei fattori più importanti su cui lavorare per ottenere sempre il massimo dal proprio gesto atletico è quello di mantenere alto il livello di mobilità e flessibilità di arti e articolazione. E, come abbiamo già visto per il potenziamento muscolare, non solamente quello delle gambe.
Vediamo intanto quale sia la differenza tra mobilità e flessibilità che, anche se normalmente sono utilizzati come sinonimi, in realtà riguardano comparti e funzionalità differenti del nostro corpo.
Mobilità e flessibilità: le differenze
“Possiamo definire la mobilità come la capacità delle articolazioni (ginocchia, caviglie, anche, ma anche vertebre, spalle, gomiti…) di compiere i movimenti mantenendo sempre la forza richiesta – spiega Pietro Bellavite, osteopata e coach di Compex -. La flessibilità, invece, fa riferimento alla capacità della muscolatura di allungarsi e coadiuvare il movimento della rispettiva articolazione”.
La limitazione della mobilità è spesso direttamente correlata a un deficit del ROM (Range Of Motion) delle articolazioni, ossia i gradi di libertà di movimento permessi da una specifica articolazione. Fattore che inevitabilmente influisce anche sul movimento muscolare e che quindi va ad incidere anche sulla flessibilità.
“Le cause di un deficit a livello articolare possono essere numerose – spiega Pietro Bellavite -. Come già detto, l’età causa una degenerazione generale e una perdita di plasticità che va a limitare il range di movimento. Ma non è l’unica causa di problematiche. Anche la postura che si assume durante la giornata, movimenti o non-movimento legato al proprio lavoro possono andare a creare restrizioni del movimento con il passare del tempo. È, quindi, importante conoscere e visionare la postura dell’atleta in attività, ma anche andare ad analizzare gli schemi posturali legati al lavoro e all’attività quotidiana per comprendere al meglio il perché di determinate restrizioni e agire di conseguenza con appositi esercizi”.
Come migliorare mobilità e flessibilità
“La prima cosa da fare per migliorare flessibilità e mobilità, quindi, è un’analisi posturale delle restrizioni muscolari presenti e delle catene cinetiche. In merito a questo, consiglio sempre a preparatori e allenatori la lettura del libro Le catene muscolari di Leopold Busquet”, continua Pietro Bellavite.
“Capite le cause delle principali problematiche che limitano mobilità e flessibilità, è necessario passare all’esecuzione di esercizi mirati di mobilità specifica e di stretching. La cosa più importante è che questi esercizi, almeno inizialmente, vengano svolti insieme, per essere eseguiti nella maniera corretta, evitando di peggiorare una situazione già precaria. Il secondo intervento, non meno importante, è quello di agire sulle cause di tali restrizioni e vizi posturali, che devono essere eliminati per non vanificare il lavoro dei diversi esercizi di mobilità e flessibilità”.
“In Compex, ad esempio, consigliamo una terapia percussiva da eseguire prima della attività fisica vera e propria, in fase di riscaldamento. La sua azione, grazie al lavoro svolto sui vari distretti muscolari, va a migliorare la mobilità delle articolazioni interessate, migliorando la trasmissione della forza e, di conseguenza, anche il gesto atletico”.
Quando e quanto tempo dedicare agli esercizi di mobilità e flessibilità
“Gli esercizi per migliorare mobilità e flessibilità andrebbero eseguiti tutti i giorni. I due momenti migliori sono al mattino, appena svegli (soprattutto in età più avanzata) o alla sera – consiglia Petro Bellavite -. Eviterei di eseguire lo stretching muscolare subito dopo un allenamento particolarmente intenso, soprattutto per gli amatori che possono non eseguire le tecniche in maniera corretta o avere una bassa percezione del loro corpo. Questo perché l’esercizio intenso, come la corsa, causa già contrazione e possibili microtraumi nelle fibre muscolari che, sottoposte ad un successivo esercizio di allungamento, potrebbero poi infortunarsi”.
“Esercizi di mobilità (alle anche, alle ginocchia, alle caviglie, al collo…) e di stretching dinamico (ad esempio, affondi, slanci, skip…) possono essere utili prima della attività fisica, durante il riscaldamento. Post allenamento, ma sempre lontano dall’attività fisica a causa della sua azione inibitoria, può essere utilizzata anche l’elettrostimolatore. Ad esempio, utilizzando un programma decontratturante, può essere utile in questo ambito prima di una seduta di stretching e mobilità, aiutando il muscolo a decontratturarsi, aumentando di conseguenza la sua capacità di allungarsi”.
Tecnica PNF, un esercizio di stretching per migliorare mobilità e flessibilità
“Una metodologia di stretching molto utile è il PNF (Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation) o facilitazione neuromuscolare propriocettiva. E’ una tipologia di stretching che non prevede semplicemente l’allungamento passivo, ma che utilizza degli specifici recettori propriocettivi localizzati all’interno delle fibre muscolari per effettuare un allungamento di tipo attivo – spiega Pietro Bellavite -. In pratica consiste in una contrazione volontaria isometrica della durata di 5 secondi circa, in posizione di massimo allungamento, con una funzione inibitoria dei fusi neuromuscolari, organi propriocettivi sensibili allo stiramento, che attivano una contrazione contraria in protezione dello stesso muscolo“
Questa tipologia di stretching può essere effettuati con l’aiuto di un operatore capace di dosare l’allungamento passivo e la resistenza da applicare, con elastici, con appositi macchinari da palestra, ma anche con l’elettrostimolatore – conclude Pietro Bellavite -. In questo caso, l’elettrostimolazione può essere inserita in un esercizio PNF per aumentarne l’efficacia. In contemporanea con la attivazione volontaria isometrica del muscolo, utilizzando un programma di preparazione atletica come resistenza, è possibile creare una attivazione involontaria, simultanea a quella volontaria, per aiutare a migliorare l’effetto della tecnica nell’aumento del ROM”.