Chiunque abbia corso una mezza o una maratona (ma ultimamente succede anche nelle gare più brevi di 5 e 10 chilometri) ha sicuramente intravisto degli strani personaggi correre la gara con dei palloncini colorati (o in alcuni casi anche bandiere) legati alla canotta, inseguiti da gruppi di podisti che correvano allo stesso passo. Runner che, “sacrificano” la propria gara per aiutare altri atleti a raggiungere il loro obiettivo, mantenendo un ritmo il più possibile costante in linea con il tempo da realizzare. Si chiamano pacer.
In atletica, il pacer (o pacemaker o lepre) è quell’atleta che ha il compito di dettare il ritmo di gara (o di allenamento) agli atleti che lo seguono per raggiungere un tempo-obiettivo, come può essere il personal best per un atleta amatore (ma anche semplicemente il ritmo delle ripetute d’allenamento) o il record del mondo per un top runner.
In atletica leggera le lepri sono abbastanza comuni, soprattutto nei meeting delle gare in pista, dagli 800 ai 10.000 metri, ma sempre più spesso si vedono schierati anche nelle mezze e maratone internazionali.
Uno dei primissimi casi di utilizzo dei pacer è avvenuto proprio in occasione di uno degli eventi che hanno rivoluzionato il mondo dell’atletica, nel 1954 a Oxford, quando Chris Brasher e Chris Chataway aiutarono Roger Bannister a battere il record mondiale del miglio, tagliando il traguardo con il tempo di 3’59″4, primo uomo a correre i quattro giri di pista in meno di 4 minuti.
Il caso forse più famoso per l’utilizzo dai pacer in gara è, invece, lo stratosferico record mondiale di Eliud Kipchoge. Quando il campione keniano è riuscito per primo a correre la maratona in meno di due ore (1h59’40”) nell’ottobre 2019 a Vienna, ad assisterlo erano presenti ben 41 pacer che a turno si disponevano, cinque alla volta davanti a lui (più due alle spalle), per aiutarlo nel mantenimento del ritmo obiettivo (2’50” al chilometro).
Che caratteristiche deve avere il pacer
Ma qual è la caratteristica principale che deve avere un pacer? La prima e più importante è una grande capacità di mantenimento del ritmo (con una variabilità solo di 1 o 2 secondi al chilometro). Il pacer deve permettere all’atleta (o agli atleti) che assiste di non pensare alla regolarità del passo, risparmiare energie mentali e di concentrarsi esclusivamente sulla fatica e sul risultato.
Nel caso di atleti di alto livello, il pacer correrà (quasi) al massimo delle proprie capacità solo per una parte del tracciato, normalmente i tre quarti di gara, per poi lasciare la gestione della parte finale ai singoli atleti.
Nel caso, invece, di atleti amatori, il pacer è un atleta un po’ più forte di chi deve accompagnare, generalmente almeno 10/15 secondi al chilometro più veloce, che corre la totalità della distanza, assistendo il compagno o i compagni che scorta, oltre che nel ritmo, anche nella conduzione di gara (ad esempio, come nel ciclismo tagliando l’aria grazie alla scia o facendo assistenza ai ristori).
Negli ultimi anni è stata sfruttata anche la tecnologia in questo senso. Un sistema di luci a led, disposti a bordo pista, che si accendono e si spengono in sequenza, creando l’effetto di un’onda che corre a un ritmo prestabilito. Si chiama WaveLight e consiste in circa 400 luci a led disposte a un metro di distanza tra di loro lungo tutto l’anello della pista di atletica che si illuminano a intermittenza.
Non è come avere qualcuno che corre solo qualche passo davanti a sé (ad esempio si perde il vantaggio aerodinamico), ma dal punto di vista della precisione non ha rivali.
Qual è il vantaggio di seguire un pacer?
Se vi siete allenati con qualcuno più forte di voi (qui il nostro articolo sul correre in gruppo) o se avete sfruttato l’aiuto dei pacer in una maratona, lo sapete bene: correre seguendo il passo regolare di un altro atleta aiuta decisamente a fare meno fatica, per provare raggiungere il massimo risultato possibile. La mente non è ossessionata dalla continua ricerca della regolarità del passo, ma è libera di concentrarsi sul solo mantenimento del ritmo, diminuendo anche la fatica fisica percepita (e fatta).
Attenzione però: se avete intenzione di affidarvi a qualcuno per raggiungere il vostro prossimo personal best, scegliete attentamente con chi farlo. Correte insieme anche in allenamento e capite se è la persona giusta che fa per voi, sia per ritmi ma anche per compatibilità. Solo qualche secondo in più o in meno (oltre alla precisione) potrebbero fare la differenza tra successo e fallimento.