Non passano di certo inosservate. Di cosa stiamo parlando? Ma delle super scarpe che ad ogni nuovo record del mondo sono ai piedi dei campioni e delle campionesse di maratona. Chi non ha notato il nuovo modello di Nike Alphafly 3 indossate da Kelvin Kiptum, quando a Chicago ha realizzato il nuovo primato mondiale sui 42K con un incredibile 2h00’35” sbalzando dal podio niente meno che il re incontrastato (fino ad allora) Eliud Kipchoge? E chi non ha subito guardato quale modello indossasse Tigst Assefa al traguardo della maratona di Berlino quando ha stabilito il nuovo record mondiale femminile (2h11’53”) abbassando di oltre due minuti il precedente primato di Brigid Kosgei? Ai suoi piedi nel nuovissime Adizero Adios Pro Evo 1, che la stessa Adidas ha definito come scarpa da maratona “monouso” (possono arrivare al massimo a un centinaio di chilometri di utilizzo prima di perdere tutte le loro proprietà). Una questione, quella della durata delle scarpe da corsa, diventata improvvisamente di attualità, suscitando numerose discussioni sulla sostenibilità e l’accessibilità a certi strumenti (il costo delle Adios Pro Evo 1 è di 500 euro) e l’effettiva utilità di alcuni modelli di scarpe per i runner amatori. Ma ha anche evidenziato quanto poco sappiamo sulla vita utile delle scarpe da corsa, soprattutto nella nuova era delle super shoes.
Lo studio sulle super shoes
I dati di uno studio condotto da ricercatori spagnoli e pubblicati sullo Scandinavian Journal of Medicine and Science in Sports, hanno dimostrato che le scarpe realizzate con intersuola in super mescola perdono la loro reattività e ritorno di energia prima delle tradizionali calzature con intersuola in Eva. Tanto che, se confrontate prima e dopo 450km di utilizzo, le super shoes sembrano diventare del tutto simili ai modelli di scarpe più classici.
Normalmente siamo portati a considerare che un paio di scarpe “normali” possa durare tra i 600 e gli 800 chilometri: in realtà nulla di dimostrato scientificamente, ma derivato per lo più da esperienze personali e dalle dichiarazioni dei vari band. Ma qualche studio compiuto negli anni (qui una vecchia ricerca del 1985 e qui un ulteriore studio del 2020) è stato in grado di dimostrare che dopo circa 150/200km la risposta delle intersuole cambia leggermente (passando circa all’80% della risposta iniziale) mantenendosi abbastanza costante fino a circa 700/800km, per poi perdere le sue proprietà con il passare del tempo e dei chilometri. Questo parlando di schiume tradizionali. Poi è arrivata la Vaporfly.
Nike, nel 2017, ha introdotto per prima l’utilizzo di una piastra in fibra di carbonio e un’intersuola più spessa e ammortizzata, promettendo una migliore economia di corsa (il famoso 4%) in cambio di qualche euro in più e una minore durata della scarpa. Sebbene inizialmente tutta l’attenzione fosse focalizzata sulle piastre in fibra di carbonio, la vera “magia” delle super scarpe si è poi capito provenire dalle nuove schiume (scopri tutto qui sulle super mescole) , le stesse che le rendono anche meno durevoli.
Le differenze principali tra le mescole dei vari brand giocano proprio sul rapporto tra ritorno di energia e durata dei materiali, motivo per il quale è difficile fornire indicazioni generali sulla durata di tutte le super scarpe: dipende dal singolo modello e dalla composizione della mescola. Ma il risultato della ricerca spagnola citata in apertura ci viene in aiuto proprio su questo.
Le scarpe utilizzate durante lo studio erano prototipi speciali con piastra in fibra di carbonio, ma che differivano per il materiale dell’intersuola, uno in Eva e uno in Peba. Ventidue volontari hanno eseguito un test per misurare la quantità di energia bruciata (e risparmiata), sia con scarpe nuove e sia con scarpe che avevano già percorso 450km. Il risultato ha confermato che inizialmente il risparmio di energia della scarpa con intersuola in Peba era superiore dell’1,8%. Ma il dato più interessante è stato scoperto dopo il test di lunga durata: il modello con schiuma in Eva non ha perso nessun punto significativo nella sua risposta, mentre quello in Peba è peggiorato del 2,2%.
Le proprietà delle super scarpe
Durante lo studio sono emersi anche altri dati interessanti: ad esempio, le super schiume mantengono le loro caratteristiche invariate anche a temperature rigide, mentre l’Eva tende a indurirsi (in alcuni modelli la rigidità addirittura raddoppia); ma anche che la scelta di utilizzare una rotazione di scarpe negli allenamenti quotidiani è importante, dato che alcuni materiali impiegano più di ventiquattro ore prima di riprendere la propria forma originaria e riacquisire tutte le caratteristiche native di reattività e comfort.
Quindi, qual è la scelta migliore da fare, parlando di mescole e super scarpe? Non esiste una risposta che possa andare bene per ogni tipologia di runner. È chiaro ed evidenziato che le super schiume come il Peba siano in grado di dare un vantaggio competitivo, ma è altrettanto evidente che non è possibile utilizzare ogni modello di scarpe alla stessa maniera. I chilometri corsi incidono sulla vita e le risposte delle scarpe (non a caso in The Running Club abbiamo deciso di applicare test di media, 150km, e lunga durata, 400km e oltre) e ogni modello ha una risposta propria, che cambia con le modalità di utilizzo: non tutti i runner necessitano di scarpe che li facciano volare, ma tutti possono essere in grado di scegliere il modello più adatto alla propria corsa (e ai propri obiettivi).
E voi che scelte avete fatto? Utilizzate o vorreste provare le super scarpe? Sfruttate una rotazione? Quali sono le vostre sensazioni sui diversi materiali e le diverse modalità di utilizzo delle scarpe? Potete lasciare i vostri commenti, ed eventuali domande, su tutti i nostri canali social (Instagram e Facebook).