Nelle scorse settimane è accaduto un evento raro e decisamente straordinario: l’atleta portacolori del Kenya, Agnes Ngetich, di soli 22 anni, nella gara della Transilvania 10K di Brasov, in Romania, ha fatto registrare un doppio record mondiale femminile su strada, tagliando il traguardo dei dieci chilometri in 29’24” e passando al giro di boa dei cinquemila in 14’25”. Un risultato stratosferico, ma che a distanza di qualche settimana, dopo le opportune verifiche, non è stato omologato da World Athletics. Perché? Niente a che fare con il doping (fortunatamente!) in questo caso. “Semplicemente” il percorso è stato rimisurato a posteriori, come da prassi quando viene registrato un nuovo record (mondiale, ma anche nazionale), ed è risultato più corto di ben 25 metri. Errore non compatibile con l’omologazione.
Il regolamento internazionale, infatti, prevede che, nelle gare su strada, qualsiasi sia la distanza del percorso, il margine di errore nella misurazione non deve superare lo 0,1%. Che nel caso di una gara di 10km è di massimo 10 metri (cinque, invece, nel caso specifico, sulla distanza intermedia dei 5K).
Ma come è stato possibile che si sia verificato un errore così banale, ma allo stesso tempo così grave? Le motivazioni potrebbero essere tante e gli stessi organizzatori non si capacitano di quanto successo. Magari non si aspettavano si potesse verificare un record così importante e hanno dato poca importanza all’effettivo margine di errore; oppure una calibrazione errata della strumentazione di misurazione; o semplicemente una distrazione degli addetti al percorso. Escludo a priori la volontà di “fare i furbi”, perché una seconda misurazione avrebbe scovato subito l’errore, come è successo.
Personalmente, ho avuto la possibilità e il piacere di collaborare nel corso degli ultimi anni con diverse realtà nazionali e internazionali, che organizzano eventi dai 5 chilometri all’ultramaratona, lavorando giorno e notte proprio sui percorsi e la loro misurazione. E oggi vi spiego brevemente come avviene.
La misurazione di un percorso di gara
Sfatiamo subito un mito: l’orologio-GPS che avete al polso non vi darà mai una misura precisa “al metro” su qualsiasi percorso corriate. Sono tutti sicuramente prodotti attendibili, abbastanza precisi, utili per l’allenamento ma, come capita nella stramaggioranza dei casi, a fine gara vi daranno sempre un risultato diverso e, probabilmente, sovrastimato della distanza. Questo perché nella misurazione con il GPS entrano in gioco tanti e diversi fattori che non possono essere controllati. Diversamente, invece, di quanto accade durante una misurazione certificata, in cui il margine di errore è ridotto ai minimi termini.
Partiamo col precisare che la Fidal e World Athletics regolamentano la misurazione solo delle seguenti distanze standard di gara: 5, 10, 21 (mezza), 30, 42 (maratona) km. Qualsiasi manifestazione che presenti uno o più tracciati di queste lunghezze, deve necessariamente essere affiliata alla federazione (internazionale o nazionale) di riferimento e sottostare alle sue regole.
La certificazione di un percorso di gara deve obbligatoriamente essere effettuata da un misuratore ufficiale (formato e certificato dalla federazione) di tipo A o B, Fidal per le gare italiane e World Athletics per quelle di tipo internazionale. Il misuratore che effettuerà materialmente calcoli e misure (coaudiuvato, come nel mio caso, anche da collaboratori dell’organizzazione) produrrà poi un documento che servirà sia per testimoniare l’avvenuta misurazione del percorso, sia per permettere a qualsiasi altro collega di ripeterla in modo identico successivamente (ad esempio nel caso di verifica).
Il contatore Jones e le altre regole
La misurazione vera e propria avviene utilizzando uno strumento che si chiama Contatore Jones (dal nome del suo inventore). Personalmente non ho mai visto usare la rotella metrica. Il Contatore Jones è un particolare tipo di contatore meccanico, certificato, che viene applicato alla ruota anteriore di una bicicletta e misura la distanza in “scatti” indipendente dal sistema metrico utilizzato. Soprattutto, ha la possibilità di essere “settato” in maniera precisa, in base alle condizioni climatiche e caratteristiche del luogo (temperatura, umidità, tipologia di terreno), fattori che possono andare ad influenzare la misurazione modificando le dimensioni dei materiali con i quali sono composti gli strumenti. Prima e dopo la misurazione, infatti, il responsabile verifica temperatura e umidità dell’aria, andando a moltiplicare i dati rilevati secondo coefficienti prestabiliti, per avere misure reali.
Faccio un esempio per spiegare meglio. La misurazione del percorso di una maratona dura diverse ore, normalmente una notte intera. Le condizioni di temperatura ad inizio misurazione (ad esempio a mezzanotte) saranno inevitabilmente differenti da quelle registrate a fine lavoro, alle 5 o 6 del mattino (con temperatura più bassa e probabilmente umidità più alta). Per rendere compatibili, quindi, le misure di inizio e fine misurazione, nonché la distanza effettivamente calcolata, vengono utilizzati coefficienti che tengono conto del restringimento o dell’allungamento dei materiali del contatore, ma anche della ruota stessa della bicicletta.
Prima di iniziare la misura (e al termine del lavoro), il contatore viene tarato sulla distanza di un 1 chilometro, lungo un rettilineo precedentemente misurato utilizzando un metro metallico (non di plastica), in modo da sapere ogni chilometro (o miglio) a quanti scatti corrisponde.
Si inizia quindi la misurazione, fermandosi ogni 1000 metri (o ogni miglio) per registrare tutti gli intermedi, fissando l’esatta distanza sul terreno con un chiodo, in modo permanente. Il certificatore fotografa, misura e disegna i riferimenti del luogo e li registra sul suo documento ufficiale.
Il tracciato: rette e tangenti
Anche la composizione del tracciato deve seguire precise regole. Innanzitutto, i punti di partenza ed arrivo, misurati in linea d’aria, non devono essere distanti tra loro più del 50% della distanza della corsa (nel caso di una maratona, quindi, entro i 21km). Inoltre, la differenza di dislivello negativo (in discesa) tra i livelli di partenza e arrivo non deve superare 1:1000 ossia 1 metro per chilometro (0,1%). Valori, in questo caso che si ricavano facilmente dalle cartografie ufficiali e che classificano mezze e maratone in gare di tipo A e B.
Ma la cosa più importante, è che il percorso deve essere misurato lungo il tragitto più breve possibile che un atleta possa percorrere all’interno della carreggiata, quello che in molte gare viene disegnato a terra come linea ideale da seguire. Il tracciato, quindi, è composto da una successione di rette che uniscono le tangenti di due curve successive, mentre il passaggio in curva viene effettuato a non più di 30cm dal bordo interno della circonferenza.
Il risultato che si ottiene è il tracciato ideale, difficilmente replicabile da qualsiasi atleta in gara, che correrà sempre e comunque qualche metro in più rispetto alla distanza misurata. Normalmente durante le misurazioni ufficiale si tende a sovrastimare leggermente il risultato o ad arrotondare in eccesso i valori piuttosto che in difetto, per non rischiare di avere un percorso troppo corto. Infatti, in caso di record nazionali o internazionali sul percorso, la distanza deve essere rimisurata da un secondo certificatore (in questo caso obbligatoriamente di tipo A), che ripete le operazioni fatte precedentemente alla gara, prendendo come riferimento la documentazione rilasciata dal collega. La differenza delle due misurazioni non deve eccedere, in eccesso o in difetto, rispetto allo 0,1% della distanza di gara, che nell’esempio riportato in apertura di articolo avrebbe dovuto essere al massimo di 10 metri, contro i 25 verificati.
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